A novant’anni dalla nascita, oltre 170 opere in mostra al Complesso del Vittoriano (dal 3 ottobre scorso fino al 3 febbraio 2019, a cura di Matteo Bollenghi), celebrano e cercano di riassumere la prolifica attività del mito Andy Warhol, colui che ha rivoluzionato per sempre non solo il mondo dell’arte, ma anche della musica, del cinema, della moda, perché forse primo su tutti, ha capito l’importanza e la centralità di sua maestà l’IMMAGINE!
Andrew Warhola Junior (6 agosto 1928), nasce e cresce a Pittsburgh (USA), da immigrati slovacchi in un contesto industriale di grande povertà. Il padre, Andrew Warhola Senior, lavora nelle miniere a cielo aperto fin dal 1914, lottando per sostenere i suoi quattro figli. La madre, Julia Zavacka, ricamatrice ed abile in lavori artigianali, trasmette ad Andy la passione per il disegno, una donna rimasta sempre sotto l’influenza della religione ortodossa e dell’immaginario bizantino che definirà i gusti del giovane Andy ed influenzerà la sua arte.
L’educazione cattolica è fondamentale per capire il ruolo dell’immagine in Warhol. Come dice Freccero, per la religione cattolica l’immagine è stata determinante nel processo comunicativo di evangelizzazione delle masse e la liceità delle immagini è stata sancita per la prima volta nell’Occidente cristiano nel VII secolo da Gregorio Magno. La differenza, rispetto alle altre religioni, sulla liceità delle immagini risiede nella presenza nel cristianesimo della figura di Cristo, un Dio che si fa uomo. Cristo è vissuto realmente. La sua storia può essere rappresentata a differenza di tutte le metafisiche religiose che fanno riferimento ad un Dio puramente trascendente. E questa rappresentabilità ha una propria autonomia, come immagine, rispetto al soggetto rappresentato. L’immagine è la rappresentazione della realtà empirica e la storia dell’arte è la storia di come questo tipo di rappresentazione si evolva nel tempo, per avvicinarsi, progressivamente, all’immagine visiva.
Ma con l’invenzione della fotografia, avviene una rivoluzione. L’oggetto non è più rappresentato, ma presentato in quanto tale, nella sua materiale oggettività. Si arriva al dadaismo, il ready made, le avanguardie. Basta la selezione dell’autore a fare di un oggetto un’opera d’arte. Sembra che anche Warhol faccia questo selezionando icone del nostro tempo come La Campbell Soup, la lattina di Coca-Cola, Marilyn, Mao Tse Tung. Solo apparentemente però. Warhol va oltre perché non lavora sugli oggetti ma sull’immagine di essi. Non tutte le immagini sono importanti, solo quelle che diventano popolari. E come diventa popolare o iconica un’immagine secondo Warhol? Attraverso la serialità! Viene reiterata fino all’inflazione.
Warhol in anticipo su tutti, capisce che nella cultura contemporanea plasmata e riplasmata dai mass media, noi non abbiamo più un’esperienza diretta della realtà, attraverso i nostri occhi, ma un’esperienza mediata dai mezzi di comunicazione di massa che diventano estensione dei nostri sensi. Il nostro sguardo è unico e irripetibile. La riproduzione è potenzialmente infinita. L’arte, l’alta moda, la cucina internazionale volevano essere esclusive. La pubblicità, il prèt à porter, il fast-food si rivolgono alle masse e le masse si catturano con la ripetizione. Con Warhol l’arte catturerà le masse, per la prima volta l’arte si fa popolare, Pop Art cosiddetta. Ecco perchè Warhol viene considerato un vero e proprio spartiacque tra ciò che c’era prima di lui e ciò che verrà dopo. D’ora in poi nel mondo dell’arte si parlerà di un Before Andy e di un After Andy. Esattamente come quello che accade con i Beatles che segnano l’inizio della pop music.
In un mondo dominato dai grandi numeri, la differenza è la quantità. L’oggetto, il simbolo comune riconoscibile da chiunque nella vita quotidiana è nobilitato in opera d’arte, assumendo il ruolo di icona pop. Con la tecnica serigrafica, Warhol moltiplica in serie le proprie opere rendendole multipli di se stessi, ristabilendo un processo di oggettivazione del soggetto raffigurato. Non c’è più unicità, individualità, tutto è livellato dall’onda d’urto della comunicazione di massa globale. Siamo ai primi sintomi di globalizzazione.
L’arte diventa merce, business. L’icona del dollaro diventa simbolo del valore non ideologico, ma venale dell’opera d’arte. Il pubblico, che abitualmente non veniva preso in considerazione dal sistema artistico un pò snob, perché ritenuto intellettualmente non adatto e incapace di potere d’acquisto, da questo momento ha un peso importante. L’arte diventa democratica, nel senso che propone qualcosa accessibile a tutti, che chiunque, persino le persone più in alto nella scala sociale, consumano. ” Mentre guardi alla TV la pubblicità della Coca-Cola, sai che anche il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola, e anche tu puoi berla….tutte le Coca-Cola sono uguali e tutte le Coca-Cola sono buone.”
Warhol si rivela un precursore in molti campi e a distanza di poco più di trent’anni dalla sua morte conferma la tesi secondo cui un artista per definirsi contemporaneo non deve necessariamente essere vivente, in quanto la sua influenza è ancora tangibile nel nostro presente e ben lungi dal considerarsi esaurita. Dal mondo dell’arte la sua rivoluzione investe la pubblicità, la moda, il cinema, la televisione, la musica, fino addirittura ad anticipare la più attuale invenzione del nostro inizio secolo, i social network! A questo proposito una delle sue più celebri frasi recita: “Ciascuno in futuro avrà diritto ad almeno quindici minuti di celebrità”. O anticipa i nostri reality alla Grande Fratello, quando dice: “La gente la prende sempre come un’invasione nel privato, ma io penso che tutti dovrebbero essere spiati in continuazione…spiati e fotografati”.
Con Warhol l’arte riflette il sistema dell’epoca e pone le basi del prossimo futuro, ma è anche il ritratto di un paese, l’America, in un periodo storico che ha cambiato il volto del mondo: la pena di morte, l’assassinio di Kennedy, il Vietnam, Woodstock, così come le lattine di zuppa, le scatole di detersivo, i ritratti di Mao e Marilyn sono diventati icone e testimonianze di un’epoca, stravolgendo il mondo dell’arte americano e successivamente quello mondiale.
Il genio universalmente riconosciuto Andy Warhol è stato l’artista che ha capito prima di tutti il potere dei media, la società consumistica sempre alla ricerca di prodotti e novità e soprattutto il servizio che dovrebbe compiere l’arte: essere alla portata di tutti e arricchire la vita di ognuno di noi!
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